venerdì 15 maggio 2020

In questi giorni si è parlato molto di ripartenza, di riaperture e di ritorno alla normalità, ma cosa accadrà nel settore dei Beni Culturali?

Prima di capire cosa accadrà, vorrei gettare uno sguardo a quello che è successo nei Musei e nei Parchi Archeologici durante la quarantena.
Ormai siamo abituati a sentire parlare di "fase 1", "fase 2", potrei dire che anche i luoghi della cultura hanno attraversato delle "fasi".
A mio avviso ci sono state tre grandi fasi per i beni culturali, di cui adesso vi offrirò una personale analisi.

Fase 1: La corsa al digitale.

L'8 marzo i musei, parchi archologici, teatri e luoghi della cultura sono stati ufficialmente chiusi a causa del Covid-19.
Annullati eventi, concerti, spettacoli, mostre, tutto il comparto si ferma.
La chiusura non ha stupito gli addetti ai lavori, infatti alcuni musei si stavano già muovendo per capire come comportarsi durante un periodo senza visite dirette dei fruitori.
Il 9 marzo però è successo qualcosa che io non mi aspettavo, tanto che l'ho definito "il giorno del delirio".
Il miei social erano impazziti, Facebook in primis.
No, nessun malfunzionamento, solo un continuo arrivo di notifiche.
Chi come me per professione o per diletto segue diverse pagine o gruppi legati ai musei e parchi archeologici si è trovato con la home invasa da post, dirette che partivano quasi contemporaneamente, di tutto è di più.



Cosa è successo?

Con il lancio dell'hashtag #iorestoacasa  i luoghi della cultura annunciano la loro chiusura, ma aggiungono e lanciano il motto "la cultura non si ferma".
Ed effettivamente non si è fermata, il MiBACT promuove l'iniziativa e un canale Youtube dove raccoglie i contenuti creati da professionisti della cultura (storici, archeologi, restauratori, autori, attori, musicisti ecc...).
L'idea, che subito è stata sposata in massa, è se un determinato luogo, museo, teatro, biblioteca è chiuso, lo apriamo virtualmente.



Nella prima settimana ho visto produrre di tutto.
Una sintesi su questa che io chiamo "prima fase" è  reso dall'articolo di Marina Lo Blundo su Generazione di Archeologi, con cui ho concordato pienamente nel momento in cui è stato scritto.
La corsa frenetica all'essere presenti, partecipi e sempre sul pezzo ha portato alla creazione di una grande quantità di contenuti (non tutti di pari qualità). L'ansia di creare e non restare indietro ha fatto impazzire molti addetti alla comunicazione museale (o chi si è improvvisato tale).

Adesso che quella fase è stata superata, cosa si può dire?

Il Covid-19 ha sconvolo tutto, anche i piani di comunicazione sui social.
La corsa al digitale che ha colpito molti musei ha portato alla luce le lacune e le differenze tra chi ha puntato allo sviluppo digitale già da tempo e chi si è svegliato l'8 marzo 2020.

Tra i musei che da anni hanno sviluppato una strategia comunicativa adeguata e fatta da professionisti competenti bisogna citare il Museo Egizio di Torino, il Parco del Colosseo, il Museo Archeologico di Venezia, il Parco di Ostia Antica, il Parco archeologico di Pompei, la Galleri degli Uffizi, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli e il Museo Archeologico Nazionale di Taranto.

Si potrebbbe pensare che sono grandi nomi che hanno molti soldi per investire anche nel digitale, sicuramente sono messi meglio di alcuni piccoli musei è innegabile, ma sono stati sopratutto lungimiranti.
Sono musei che non hanno iniziato ieri a comunicare, studiare il proprio pubblico ed a creare contenuti e i risultati si vedono.
Personalmente ho adorato i video del Museo Egizio "Le passeggiate del direttore", video che durano una decina di minuti o poco più, dove il direttore Christian Greco ti illustra i reperti del museo.
Anche questo contenuto non è stato improvvisato, "le passeggiate del direttore" sono un appuntamento del Museo Egizio che prevede una visita di persona, non virtuale,  guidata dal direttore, a testimonianza di una progettualità continua e benfatta, riadattata ad un momento di crisi.
Altro esempio è il Parco di Ostia Antica che ha spostato gli incontri "Vediamoci ad Ostia", sul web, rendendo fruibili a tutti una serie di conferenze estramente interessanti.
Potrei continuare per ognuno dei musei che ho citato in precendenza, ma il senso è chiaro: chi ha un piano editoriale ed eventi ben studiati ha potuto subito adeguarsi alla situazione.

Se superiamo i soliti nomi noti, questa corsa alla presenza sui social ha messo in luce chi sta provando a migliorarsi.
Una menzione speciale la faccio al Museo Etrusco di Villa Giulia, un museo che ha fatto e farà tanta strada.
Il Museo Etrusco di Villa Giulia è uno dei miei musei preferiti, ma non è per questo che ve ne parlo.
Lo sforzo che lo staff sta facendo per essere presente sul digitale nella maniera più corretta possibile si nota e sta dando i suoi frutti.
Premetto che non conosco nessuno dello staff, ma ho incrociato alcuni di loro in webinar che sto seguendo. Questi professionisti con molta umiltà e voglia di fare parlano delle loro lacune e del lavoro che vogliono fare e come stanno provando a migliorare.  Per me sono un esempio di chi vuole offrire al pubblico la migliore esperienza possibile all'interno del museo, creando un legame che possa continuare anche dopo la visita, cercando tutti gli strumenti più adatti per fidelizzare correttamente i propri fruitori.

Sono convinta che questo museo farà tanta strada nel campo digitale e lo ha già dimostrato l'iniziativa del direttore Valentino Nizzo che rilanciando la sfida nata su Instagram di imitare un'opera d'arte con quello che si aveva a casa e poi postarla sui social, si fa una foto con sua moglie nella stessa posa della coppia del celebre "Sarcofago degli sposi"e lancia la sfida a chi segue la pagina del museo.
Le regole per partecipare erano semplici, bastava scegliere un'opera del Museo Etrusco e replicarla.
Così oggetti etruschi non noti a tutti sono diventati virali e di conseguenza l'attenzione si è spostata sul museo.
Il direttore Valentino Nizzo e sua moglie nella posa del "Sarcofago degli sposi". Foto tratta da Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia








Esempi di foto di utenti della pagina Facebook  del Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia che hanno raccolto la sfida del direttore.

Sempre Valentino Nizzo è stato protagonista di alcune dirette molto interessanti dal titolo "Dirigi il direttore", in pratica il direttore era guidato dagli spettatori alla scoperta dei reperti contenuti nel museo.

Preparazione e voglia di fare portano ad dei buoni contenuti. 


Cosa mi resta della "fase 1"?

- I contenuti generati
- La differenza tra una comunicazione con una salda programmazione e una improvvisata
- I musei che hanno compreso l'importanza del digitale e si stanno attrezzando per migliorare.

Fase 2: Tour virtuali e webinar

Dopo la corsa spasmodica a cui ho accennato prima, il protrarsi della quarantena e il senso di claustrofobia dato dalla chiusura in casa ha generato un altro fenomeno di comunicazione: i tour viruali.
Ad un certo punto quando partivano delle dirette i contenuti a cui assistevo erano delle vere e proprie visite guidate ad un museo, ad un parco o ad una città.
Ho fatto dei fantastici giri per l'Italia e non solo, non lo nego, ma se i tour presentati da professionisti sono stati gradevoli, un po' più discutibili sono stati quelli virtuali in 3d o comunque animati.
Anche in questo caso come per la comunicazione sui social, la realtà virtuale non è per tutti.

A costo di ripetermi, un lavoro fatto da un professionista si nota subito.

Superata questa fase di abbuffata di prodotti di ogni tipo, ho notato che sono aumentate in maniera esponenziale gli inviti a webinar gratuiti su i temi che abbiamo affrontato fino ad ora.



Dopo il decimo invito mi sono chiesta: "cosa sta spingendo i professionisti nel settore dei beni culturali a creare questi incontri?"

Mi sono confrontata con alcuni organizzatori di questi webinar ed è emerso che la necessità di fare incontri su argomenti come "social e beni culturali", "digitale nei musei", "realtà virtuale", "musei online", "musei dopo il Covid-19" nasceva dall'esigenza di aiutare a colmare le lacune che questa emergenza ha reso lapalissiane, oltre ad essere un modo per alcune aziende di farsi notare.

Tutti siamo coscienti del fatto che le visite nei luoghi della cultura, sopratutto quelli chiusi non saranno come prima per molto tempo.
I professionisti del settore si sono posti molte domande e spesso questi webinar sono stati uno spazio per aprire un dibattito e discuterne insieme.
Facendo un sunto di quello che ho estrapolato da questi incontri, il timore principale è quello di non poter offrire al visitatore la stessa tipologia di visita precedente alla chiusura.
Il distanziamento tra le persone può rendere difficile la fruizione di alcune sale e sono in molti del settore a chiedersi se forse un contenuto digitale può sopperire a queste difficoltà (dato per assodato che la visita diretta è un'esperienza che non può essere sostituita, se non per necessità).

Il dubbio che aleggia su molti è che una visita ridotta del museo possa rendere poco conveniente il giro per il fruitore.
In poche parole se su 10 stanze posso visitarne 5, uno strumento come un totem che mi propone qualcosa di virtuale può invogliarmi a pagare il biglietto? Però i totem, schermo touch, vanno subito disinfettati, non è meglio affidarsi alla realtà vituale?
Inoltre, e qui viene l'utilità di questi webinar, non tutti i musei hanno professionisti nel loro staff che possono produrre tali contenuti, quindi che fare?

Affidarsi a professionisti è la risposta.

Risposta scontata, direte voi, non sempre, certe volte non è nemmeno immediata.
C'è chi continua a parlare di formare i giovani, che pur essendo una cosa sacrosanta, non aiuta i musei a ripartire. C'è bisogno adesso di alcune professionalità, non c'è il tempo materiale di aspettare qualcuno che completi la sua formazione, ma bisogna affidarsi a chi già è formato e produttivo.


A quali professionalità mi riferisco?

In questo momento prendere nel proprio staff un tanto pubblicizzato "Social Media Strategist" (per ottimizzare al massimo l'utilizzo dei social network del museo, promuovere l'istituzione museale e ricevere feedback dagli utenti utili a migliorare l'esperienza del visitatore); oppure viste le problematiche emerse un "Digital Stategy Manager", una persona responsabile della strategia digitale del museo (una figura che curi i contenuti, consigli e gestisca le scelte tecnologiche più idonee per il dato museo e gestisca le relazioni con evenutali partner esterni), potrebbe essere una scelta importante.
Potrei continuare con altri figure dal caratteristico nome in inglese, ma il senso di quello che voglio comunicare è che cercando nel mare magnum delle professioni legate al "museo" e al "digitale" troviamo una vasta gamma di professionisti pronti a migliorare l'offerta museale anche e soprattutto post pandemia mondiale.
Queste figure potrebbero o dovrebbero affiancare lo staff e non sostituire nessuna delle figure già presenti nei nostri musei. Potrebbero essere dei consulenti da utilizzare anche per un periodo limitato per produrre una valida comunicazione esterna, se il museo non avesse grandi fondi a cui attingere, il tempo necessario per creare una pianificazione a lungo termine e una struttura comunicativa interna solida. Per finire, questi esperti potrebbero formare il personale per garantire l'utilizzo corretto delle tecnologie e degli strumenti scelti per potenziare la visita museale. 

Cosa mi resta di quesa "fase 2"?

- La consapevolezza che spesso all'interno dello stesso museo la mano sinistra non sa quello che fa la mano destra, quindi migliorare la comunicazione interna aiuta a comunicare meglio con l'esterno.

-Molti musei dovrebbero chiedersi "cosa voglio fare da grande?",  producendo una programmazione a lungo termine per capire "dove si vuole andare" e "cosa si vuole diventare".

- Non farsi prendere dall'ansia.
Chi lavora nei musei, luoghi della cultura, in questo momento non deve farsi predere dall'ansia e dalla smania come è successo nella "fase 1".
Riaprire ed offrire quello che si può, con gli strumenti più idonei all'esigenze del museo, con il supporto di professionisti che possano creare dei prodotti su misura,  riutilizzabili anche quando tutte le problematiche relative al Covid-19 saranno terminate, potrebbe essere la giusta via da percorrere.

Lo so, chi legge  queste mie parole vede comunque la spesa di tanti soldi e pochi visitatori almeno nei primi mesi, ma sono tutte "fasi" che hanno una fine ed un inizio e lavorare per tempo su determinate necessità può solo che rendere più produttivo il museo dopo, quando si tornerà alla normalità.

Ancora una volta partire per tempo evita le corse e le improvvisazioni.

Ed eccoci ad oggi, quella che io chiamo "fase 3 dei beni culturali".

Mancano pochi giorni al 18 maggio, data fissata per la riapertura dei Musei e Parchi Archeologici. 

Cosa si deve fare per riaprire? Quali musei riapriranno? Come si svolgeranno le visite? Ci saranno i visitatori?

Tante domande a cui ho cercato di dare delle risposte.

1) Cosa si deve fare per riaprire?

Il Comitato Tecnico-Scientifico (CTS) per l'emergenza Covid-19 da coronavirus ha stilato e diramato le linee guida per le riaperture dei musei.
Le indicazioni dettate dal CTS saranno adattate alla tipologia di museo (piccolo o grande, chiuso o all'aperto), ma in tutti i musei dovremo entrare con le mascherine.



Infatti sono previste mascherine per i visitatori e per il lavoratori, visite contingentate con un prestabilito numero di visitatori e fasce orarie, termoscanner per la misurazione della febbre all'ingresso, segnaletica per il distanziamento (sempre di almeno 1 metro), percorsi a senso unico, bagni che rispettino il distanziamento ed ovviamente sanificazione quotidiana dei locali.

Altre indicazioni consigliate prevedono una limitazione dell'utilizzo dei touchscreen e audioguide (da sanificare ad ogni utilizzo), evitare file alle biglietterie favorendo l'acqusito online dei biglietti, limitare l'utilizzo di pagamenti in contanti, permettere il lavaggio frequente della mani o comunque disporre il posizionamento di dispenser per sanificazione delle mani in più punti.

Molti musei in queste ore stanno lavorando intensamente per rispettare tutte le indicazioni consigliate.
Anche in questo caso non tutti hanno gli stessi mezzi e possibilità, così anche la prepazione alla riapertura varia da museo a museo, da regione a regione.




2) Quali musei riapriranno?

Il via libera alla riapertura riguarda tutti i musei statali e privati che in data 18 maggio saranno in grado di fornire una visita sicura degli ambienti espositivi.
Garantire sicurezza e tutela non è una spesa sostenibile da tutti al momento.  A gridarlo forte e chiaro è stato Tommaso Sacchi, assessore alla cultura di Firenze.
Come un tuono fragoroso Sacchi ha annunciato che il 18 maggio i musei civici di Firenze non riapriranno. L'assessore fa notare che la città è in ginocchio, non ci sono turisiti e che stime e valutazioni fatte con l'area tecnica di Palazzo Vecchio mostra che:

un mese e mezzo di apertura parziale, solo nel weekend, di appena tre musei, costerebbe mezzo milione di euro. Sono soldi che non abbiamo e senza le rassicurazioni che abbiamo chiesto al Governo nelle ultime 5 settimane sul ristoro anche parziale della tassa di soggiorno non possiamo impegnare questa spesa". (Fonta La Nazione)

Non discuto questa o altre decisioni simili, ma è innegabile che i costi per la sanificazioni e la tutela, saranno più alti degli incassi dei prossimi mesi.

Sanificare un museo non è una cosa da poco, non tanto per la grandezza della struttura o numero di stanze, ma per l'attenzione da dedicare ai reperti conservati all'interno.

Come ha sottolineato Alessandra Morelli (vicepresidente di Restauratori Senza Frontiere) in un articolo del Corriere della Sera dal titolo "Sanitificazione di chiese e luoghi d'arte, l'allarme degli esperti: i vapori dei prodotti danneggiano le opere", le opere di sanificazione non possono essere improvvisate o date a mani poco esperte.
Questo ovviamente aumenta le spese per garantire i requisiti base per riaprire e la difficoltà che molti musei, ma anche biblioteche possono incontrare.

Chi riaprirà davvero il 18 maggio?

La risposta sembra sempre più confusa man mano che la data si avvicina, per adesso si può dire che:



Roma - prevede ingressi contingentati, visite serali (in particolare per Musei Vaticani e Colosseo, mete di punta della città). A riaprire saranno i Musei Civici con ingressi limitati, 100 persone all'ora nei Musei Capitolini e Mercati di Traiano; 50 visitatori all'ora a Palazzo Brasci, Centrale Montemartini ed Ara Pacis (dove è stata prolungata la mostra su Sergio Leone); 80 persone all'ora nei Fori Imperiali (queste informazion sono in fase di aggiornamento costante. Per maggiori informazioni consultare il sito del comune di Roma)

Milano - è stato elaborato un calendario che detta i tempi delle riaperture:
tra il 19 e 21 maggio riapriranno i Musei del Castello Sforzesco, Museo di Storia Naturale, GAM|Galleria d'Arte Moderna, Acquario Civico e della Casa Museo Boschi-Di Stefano;
tra i 22 e il 24 maggio  apriranno il Museo del Novecento, il Museo Civico Archeologico, Palazzo Morando|Costume Moda Immagine e il MUDEC|Museo delle Culture (Per maggiori informazioni vi rimando al testo del piano presentato dal Comune di Milano).

Firenze - è di poche ore fa la notizia che il governatore della Regione Toscana Enrico Rossi, ha stilato un calendario di riaperture dei musei.
La tabella di marcia prevede:
-22 maggio riapertura del Giardino Boboli;
-25 maggio riapertura di Villa il Ventaglio e Cenacolo di Sant'Apollonia;
-29 maggio dovrebbero riaprire gli Uffizi, la Galleria del Costume, Palatina e appartamenti monumentali di Palatto Pizzi, Galleria di Arte Moderna e museo di San Marco;
- 1°giugno dovrebbero riaprire le ville di Petraia, Castello e Cerreto Guidi;
- 2 giugno dovrebbe essere il giorno di riapertura dell'Accademia, del Museo degli Strumenti Musicali, del Museo di Palazzo Davanzati e delle Cappelle Medicee.

Come si può capire ben capire alcune date sono ancora incerte, pertanto vi consiglio di consultare i siti ufficiali di comuni e musei per organizzare una visita nelle prossime settimane o mesi.

Intanto buone notizie arrivano dal Decreto Legge Rilancio del 13 maggio 2020, che ha reso noto l'istituzione di un fondo da 100 milioni di euro per il sostegno ai musei del MiBACT per il mancato introito della vendita dei biglietti a causa della chiusura imposta per evitare il contagio da Covid-19.

Fa ben sperare anche il
Fondo cultura per la promozione degli investimenti sul patrimonio. 100 milioni di euro per il 2020 e 2021, aperto ai contributi privati
Viene istituito con una dotazione iniziale di 100 milioni di euro per il biennio 2020-2021 il Fondo Cultura, finalizzato a promuovere investimenti in favore del patrimonio culturale materiale e immateriale e aperto alla partecipazione di soggetti privati. L’istruttoria e la gestione delle operazioni vedrà coinvolta Cassa Depositi e Prestiti, mentre una quota del fondo potrà essere gestito dall’Istituto per il Credito Sportivo a garanzia di contributi in conto interessi e mutui per interventi di tutela e valorizzazione del patrimonio culturale.


3) Come si svolgeranno le visite?  4) Ci saranno i visitatori?


Per concludere questa mia riflessione  divisa in fasi, provo a rispondere alle ultime due domande che per adesso vanno per la maggiore.
Come avverranno le visite? A questo punto penso che sia abbastanza chiaro in base a quello ho già scritto che le visite nei musei avverranno con la mascherina a copertura di naso e bocca, e questa per ora è l'unica vera certezza.
Cosa si potrà vedere e quali spazi si potranno visitare cambia da museo a museo, quindi non resta che informarsi per bene nel momento dell'acquisto del biglietto.

I Musei e Parchi Archeologici più famosi si stanno organizzando per contenere un pubblico numeroso, anche se il dubbio che serpeggia è che i fruitori saranno pochi per molto tempo.

Considerando che i turisti stranieri non possono ancora arrivare in Italia e che forse gli italiani si potranno muovere da regione a regione dai primi di giugno, quante di queste persone visiteranno un Museo o Parco Archeologico nelle prossime settimane?
Difficile a dirsi, anche perché un maggior movimento sul territorio nazionale non garantisce un determinato numero di visitatori per musei.
La crisi economica provocata dalla pandemia ha avuto effetti devastanti su molte persone, questo ovviamente porta ad una spesa minima dei propri beni e non è detto che una parte di queste spese prevedano un biglietto per il museo.
Sicuramente chi può economicamente e chi ha sempre visitato parchi archeologici e luoghi della cultura tornerà a farlo, ma quello che spaventa gli operatori del settore è che non sarà qualcosa di immediato.

In merito ho letto diverse proposte per attirare le persone verso i musei, da biglietti a costi inferiori ad agevolazioni per le famiglie, però nessuna di queste idee garantisce un effettiva riuscita.

Intanto ad invogliare i visitatori ci pensa ache il "DL Rilancio" che estende da 12 a 18 mesi il termine per usufruire dei voucher ricevuti a compensazione di spettacoli cancellati e chiusure di spazi espositivi.

Dopo questa mia personale analisi divisa in fasi, non mi resta che augurare buon lavoro a tutto il personale dei Musei e dei Parchi Archeologici e sperareche almeno nel settore dei Beni Culturali questo periodo abbia lasciato qualche insegnamento.

Grazie a tutti e vi vengo a trovare presto!


P.s.
All'inizio della "fase 3" ho già perso le tracce di chi si era improvvisamente svegliato sui social nella "fase 1", niete più post, niente più dirette, sono già tornati indietro sui loro passi (o magari sono molto impegnati nei lavori per la riapertura, chissà), mentre chi ha una solida presenza sui social si sta dedicando alla  MuseumWeek  ( il festival mondiale per le istituzioni culturali sui social media) ça va sans dire.












martedì 17 dicembre 2019

Manca una settimana alla vigilia di Natale e molti di voi sono alle prese con i regali, così ho pensato di darvi una mano.

Se avete amiche o amici archeologi, amanti della storia e dell'archeologia, questo è il post giusto per voi.

Inziamo dai libri.
I libri sono sempre un regalo pefetto, un libro non è solo un contenitore di storie e parole, ma un universo parallelo a portata di mano.

Poche settimane fa ho fatto un giro alla fiera "più libri, più liberi" di Roma e ho notato che i libri a tema storico/archeologico stanno crescendo in maniera esponenziale, quindi direi che c'è l'imbarazzo della scelta.
Se voleste qualcosa di non troppo settoriale, ma comunque curato e fantasioso, vi consiglio "Pezzi da museo - Ventidue collezioni straordinarie nel racconto di grandi scrittori" (Sellerio editore, costo 16 euro)

Lasciarsi accompagnare in un museo, ascoltare il racconto di una visita, appassionarsi a un'opera d'arte, condividere la bellezza e l'emozione di un luogo inaspettato.

Bastano solo le parole iniziali dell'aletta anteriore del libro a suscitare interesse (per maggiori informazioni vi rimando alla scheda del libro sul sito della Sellerio).
Io non  ho resistito e l'ho comprato!




A rendere speciale questo libro c'è anche un corcorso lanciato dalla Sellerio, "Racconta il tuo museo"
Il concorso, scaduto il 2 dicembre, consisteva nel raccontare una storia sul museo preferito.
Le storie scritte dagli utenti sono consultabili sul sito della Sellerio e se si vuole si possono continuare a caricare altre storie.

Spoiler!
Ho partecipato con una storia, ma non vi dico quale (anche se c'è la mia firma, quindi mi potete trovare facilmente). Vi consiglio di leggerle tutte, ci sono molti racconti ben scritti e carichi d'emozione.

Se non volete regalare libri e stupire con qualcosa di inusuale ma sempre storico/archeologico, vi consiglio i bellissimi lavori di MedeArt.
MedeArt è il marchio di Marilisa, una giovane e bravissima archeojewels maker siciliana.
Avevo visto distrattamente qualche suo lavoro, ma ieri per caso ho visto dei video di Professione Archeologo di Antonia Falcone    e mi sono innamortata di quelle che Antonia ha definito "le archeopalle".






Le trovo stupende!


Come dicevo Marilisa crea gioielli belli ed eleganti. Vi lascio qualche foto (i suoi lavori li trovate su Etsy).






Un altro bel regalo per un archeologo o archeologa è sicuramente un biglietto per una mostra.
I musei italiani offrono una vasta scelta, ma quelli che mi sento di consigliarvi sono sicuramente:

Cartago. Il mito immortale (presso il Parco del Colosseo, Roma);
Etruschi a Bologna   (presso museo Civico di Bologna);
Quando le statue sognano (presso museo Salinas di Palermo).


Per finire, conoscendo un po' i miei colleghi, vi consiglio due cose: tè e birra.

Non so quale sia l'arcano legame tra archeologia e tè, ma posso dirvi che è una passione molto diffusa tra i miei colleghi, ma sopratutto colleghe.
Forse perché nelle gelide mattine sul cantiere il tè ti salva la vita, oppure perché ci piacciono i rituali antichi, le storie e i viaggi, questa bevanda è sempre molto apprezzata.

Ci sono tanti tè e secondo me ognuno deve scoprire il gusto che lo conquista, ma se volete offrire una bella esperienza sensoriale vi consiglio "Tea Traveles Gift Box" della Via del Tè. 

Adoro questo gift box! Me lo hanno regalto lo scorso anno e per il mio compleanno mi sono stati regaliti le integrazioni dei tè che avevo termintato, insomma lo comprate una volta e lo integrate quante volte volete.




Tutti gli archeologi che conosco sono buone forchette e ottimi compagni di bevute.
Che sia un buon vino o una birra, nessuno si tira mai indietro.
Se volete colpire con delle birre ricche di storia e fascino, vi consiglio le birre trappiste.
Le birre trappiste sono birre realizzate dai monaci o comunque sotto loro stretto controllo; su 176 monasteri trappisti solo 12 producono birra e uno di questi si trova in Italia.

Il monastero italiano è quello dell'abbazzia delle Tre Fontane, un angolo di paradiso alle porte dell'E.U.R., sul percorso dell'antica via Laurentina.
Ho visitato l'abbazia ed è un luogo unico e suggestivo in piena città, ma ve ne parlerò in un altro post.
Non potevo non fermarmi presso il negozietto del monastero pieno di prodotti fatti dai monaci. Caramelle all'eucalipto buonissime, cioccolato finemente lavorato e poi lei...la birra!
Una birra all'eucalipto, buona, particolare, che si sposa bene con secondi piatti e con dessert, molto consigliata.
Se l'eucalipto vi fa storcere il naso, vi consiglio anche le trappiste belga da sempre le migliori.

 
Foto di
Di Philip Rowlands - Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=42409096


Spero che questi consigli vi siano stati utili. In ogni caso, come dice sempre mia nonna: "ogni fiore è segno d'amore"! Qualsiasi cosa donerete sarà perfetta, se fatto con amore.


Vi auguro buone feste e buon Natale!
















giovedì 28 marzo 2019


Mentre metà della città di Roma è bloccata per l'arrivo del presidente cinsese, nella bellissima cornice di Palazzo Massimo alle Terme, una delle sedi del Museo Nazionale Romano, si parla di archeologia e musei durante l'evento "Intorno all'Archeologia", una serie di quattro incontri nel corso dei quali verranno presentati otto libri (e rispettivi autori) riguardanti temi archeologici.



Ognuno di questi quattro incontri ha un tema di base, scelto per raggruppare i libri, divisi per argomenti, con l'obiettivo di presentare testi per creare un dibattito permanente. Il tema della giornata del 21 marzo è stato "Archeologia Narrata" e poneva l'attenzione sulle metodologie e gli strumenti che i musei, i parchi archeologici e i luoghi della cultura in generale usano per comunicare con vari tipi di pubblico.

Protagonisti dell'incontro sono stati i lavori di Cinzia Dal Maso: "Racconti da Museo. Storytelling d'autore per il museo 4.0" e di Lella Mazzoli: "Raccontare la cultura. Come si informano gli italiani, come si comunicano i musei".

Premetto che, sfortunatamente, non ho ancora letto i testi, pertanto vi racconto quello che è stato detto da Patrizia Gioia (Sovrintendenza di Roma Capitale) e Fabio Pagano (Funzionario Ministero dei Beni Culturali e del Turismo), presentatori dell'incontro e da Daniela Porro (direttore del Museo Nazionale Romano) e Mirella Serlorenzi (responsabile di Palazzo Massimo, la gentilissima "padrona di casa").

Vi parlo rapidamente dei due testi presentati perché vorrei focalizzare la vostra attenzione sull'obiettivo degli organizzatori, che era e sarà di creare dibattito ed è proprio della parte del dibattito e dei temi che sono stati trattati che voglio condividere con voi.

"Intorno all'Archeoloia"- 21 marzo 2019


Parto da Cinzia Dal Maso, giornalista, narratrice, ma soprattutto una donna piena di energia e d'idee, che è sempre un piacere ascoltare. Il suo libro "Racconti da Museo. Storytelling d'autore per il museo 4.0", tratta, come si evince dal titolo, di racconti, ma come ha sottolineato Pagano, sono:
racconti, di racconti, di come si cerca di comunicare i musei.
Infatti nel testo vengono raccontate le storie e le esperienze reali di diversi musei, con staff che si adoperano per creare una comunicazione efficace, avvalendosi anche di esperti nel settore.

L'attenzione è posta sullo storytelling, l'arte di raccontare storie come strategie di comunicazione persuasiva, che in chiave archeologica vuol dire avere la capacità di sintetizzare una storia attraverso i reperti e porre quest'ultimi al centro dell'attenzione. Per questo ci vuole un "narratore da museo" e questo libro illustra alcune tecniche che questa figura deve mettere in atto, perché come si legge nella  descrizione ufficiale:
[...] raccontare è un'arte: in realtà un misto di conoscenze, tecnica e arte. E quando il racconto entra in museo, le ultime due devono piegarsi alla conoscenza, essere al servizio del messaggio del museo. La fantasia deve seguire binari precisi. E per fare questo, servono persone capaci di narrare e al contempo dialogare con la ricerca scientifica. Professionisti che sappiano restituire la vita con la penna, i pennelli, la macchina fotografica, la cinepresa, la grafica, la realtà virtuale, i social media.
Ogni strumento possibile, anche quello che non c'è: perchè l'importante non è lo strumento ma la storia.

Lella Mazzoli, professore ordinario, insegna Sociologia della Comunicazione e Comunicazione d'Impresa, presso l'Università di Urbino "Carlo Bo". Nel suo libro "Raccontare la cultura. Come si informano gli italiani, come si comunicano i musei" offre un'analisi compiuta da tecnici e professionisti della comunicazione, quindi non archeologi o storici dell'arte, ma giornalisti e ricercatori dell'Università di Urbino.
Il testo è un insieme di saggi che utilizzano i dati raccolti dall'Osservatorio News-Italia del LaRiCA, attivo presso l'Università di Urbino (dal 2010) e si focalizza sulla comprensione dei mezzi e della modalità utilizzate dalla popolazione italiana per informarsi su temi generali e culturali, esaminando le strategie comunicative che vengono messe in atto da alcuni musei italiani per intercettare i visitatori attuali e potenziali.

Dagli interventi dei presenti e dalle presentazioni dei due testi sono emersi diversi spunti di riflessione che vi riassumo nei tratti salienti nella grafica sottostante.





Con quali mezzi si informa un italiano?

La televisione resta uno dei mezzi più usati, in forte calo i giornali, in crescita i social media.
La televisione ha i suoi costi e non tutti i luoghi della cultura possono accedervi, la carta stampata perde terreno, ma non autorevolezza, i social media sono più accessibili e per adesso più usati per la comunicazione Museo-vari tipi di pubblico.
Comunicare sui social non vuol dire solo fare un post, pubblicare una foto o una storia su Instagram, ma vuol dire molto di più. Questo "di più" deve essere sviluppato da dei professionisti, non solo archeologi che si interessano di comunicazione, ma anche giornalisti che si metto al servizio della cultura.

Ma cosa vuol dire "ci vogliono professionisti della comunicazione all'interno del museo"?
Vuol dire avere un team apposito che studi una strategia che non comprenda solo il post su Facebook, ma tutto un modo per approcciarsi al pubblico, alla struttura da pubblicizzare e al territorio in cui esso è inserito.

Dei corsi universitari potrebbero aiutare in tal senso, ma sento parlare di fare corsi ad hoc per queste tematiche da almeno sette anni e probabilmente, se si sente la necessità di ribadire questo concetto, vuol dire che molto si deve ancora fare (se si escludono i vari Master che sono stati sviluppati sul tema). C'è da dire che alcuni corsi di Laurea in Archeologia hanno provato a colmare questa lacuna, come ad esempio l'Università di Pisa con laboratorio #Comunicarcheo o il corso di Archeologia Digitale, per citarne una.

Durante il dibattito ho fortemente concordato con il pensiero di Fabio Pagano che ha detto:
non ci vuole una nuova figura, ma la creazione di team, dove gli esperti della cultura dialogano con gli esperti della comunicazione.

Concordo con questa affermazione perché, mentre si cerca di capire come l'Università possa adeguarsi a queste nuove figure da creare, si può, anzi, si deve usare quello che si ha, quindi professionisti di entrambi i settori che con la loro professionalità possano creare ottimi prodotti e soprattutto riescano ad attirare l'attenzione di quello che la professoressa Mazzoli ha definito "non pubblico" (per "non pubblico" si intende quella gente che non frequenta abitualmente musei o parchi archeologici e che normalmente non cerca informazioni culturali).

Quindi un archeologo o professionista dei beni culturali non può occuparsi della comunicazione di un luogo della cultura?

Ovviamente no! Se questo professionista ha anche acquisito delle competenze che riguardano la comunicazione, se ha ampliato le proprie conoscenze, può occuparsi della comunicazione di un museo o parco archeologico (come ad esempio già avviene in posti come il Parco di Ostia o il Parco del Colosseo). Del resto nessuno rimane rigidamente nel proprio settore (o almeno in questo caso non dovrebbe), ma ovviamente il confronto con un esperto della comunicazione può aiutare a conoscere i vari tipi di pubblico a cui si deve rivolgere.

In sostanza, non è necessario avere una sola figura iper specializzata, ma è sufficiente avere dei professionisti aperti all'innovazione, che sappiano cosa un museo, un sito archeologico vogliono trasmettere e qual è il modo più efficace per farlo.

Tutta questa discussione ha posto l'accento su un altro quesito: "è giusto fare eventi non strettamente legati all'ambiente in cui si svolgono per attrarre il "non pubblico"? (Ad esempio un concerto di musica pop nelle Terme di Diocleziano). "Si attirano veramente visitatori o queste persone vengono solo per l'evento e poi non tornano più?"

Avrei voluto prendere parola su questo argomento, ma ho preferito solo ascoltare.
Per anni, con l'Associazione culturale Secondi Figli di Pisa, ho portato avanti esperimenti del genere, nel senso fare degli eventi in luoghi storici del territorio toscano e vedere se effettivamente i nostri utenti tornavano a visitare quei posti o se venissero anche solo stimolati ad ampliare le loro conoscenze sugli ambienti utilizzati.
I Secondi Figli si occupano per lo più di giochi di ruolo, ma tra i loro obiettivi c'è utilizzare il gioco come strumento per diffondere cultura. I dati che ho raccolto negli anni hanno portato ad un articolo presentato al convegno Opening the Past 2015, sul tema "Game Over-Ideas for sustainable archaeology", organizzato da Mappa Project e Università di Pisa, dove insieme ad un altro membro dell'associazione, spiegavamo i progetti che avevamo sviluppato all'intenro dei musei, luoghi della cultura e per le strade di Pisa, spingendo studenti e persone che possano rientrare nella definizione di "non pubblico", data precedentemente, a saperne di più sugli oggetti e i luoghi che sottoponevamo alla loro attenzione (vedi "Giochi di ruolo e storia del territorio: nuovi modi per finanziare la tutela e la fruizione dei beni culturali").

Per esperienza posso dire che gli eventi culturali fatti in luoghi dove la cultura vive ogni giorno porta a stimolare anche i pubblici più reticenti ed a creare una rete di rapporti durevoli con associazioni, territorio, istituzioni ed utenti.
La cosa più importante da non dimenticare mentre si crea un evento all'interno di un museo o di un'area archeologica è che la location non deve essere solo una cornice, ma deve essere parte integrante della storia che vuoi raccontare al pubblico.

E si ritorna così al "saper raccontare storie", l'argomento del testo della dottoressa Dal Maso, perché un museo o un parco archeologico non devono essere solo un contenitore di resti del passato, ma un archivio di storie da trasmettere nel futuro.

Inventarsi un "te con l'archeologo", una rievocazione storica, un gioco di ruolo a tema storico o semplicemente una mostra fotografica, serve a dare voce a degli oggetti statici, che da una teca ci guardano e ci vogliono raccontare una storia, o anche più di una, su chi li ha costruiti, chi li ha utilizzati.
I reperti dei musei raccontano la storia degli uomini e sono queste storie che bisogna divulgare per attirare visitatori nei luoghi della cultura.

Queste considerazioni che condivido con voi mi portano a ragionare su altri due argomenti che sono stati discussi durante il dibattito: il "fare rete" e "il migliorare l'offerta attuale dei musei, ad iniziare dalle didascalie", per fidelizzare chi al museo ci va e non far nascere anche in questo tipo di utenti la cosidetta "ansia da museo".

Che cos'è l'ansia da museo?

Tranquilli, non è contagiosa!
Se dovessi dare una definizione scientifica direi che è quello strano senso di pesantezza che ti colpisce più o meno sulla fronte, poco sopra il naso, quando leggendo le didascalie vicino ad un quadro, una statua o un reperto in generale trovi termini non di facile comprensione per i non addetti ai lavori.


Foto tratta da http://www.historialudens.it/component/tags/tag/didattica-museale.html

 Il discorso sulle didascalie mi ha portato indietro di qualche anno e mi è venuta in mente questa citazione:
[...] cosa impedisce in un museo di sostituire un cartellino con la didascalia "frammento policromo di fregio del tempio tetrastilo A- fase II" con un semplice "frammento decorativo colorato del tempio del 250° a. C."? Questo caso - assolutamente vero - evidenzia, in tutta la sua drammaticità, il pericolo dell'autoreferenzialità. Quando scriviamo qualcosa da pubblicare online o da esporre in pubblico, non scriviamo mai per noi o per i nostri colleghi. Questo è un punto fermo dal quale non discostarsi mai.
Per scrivere belle storie bisogna utilizzare le parole giuste. Spesso queste parole non sono roboanti o altisonanti, ma sono semplici e d'uso comune. Spiegare fenomeni complessi con parole quotidiane, che possono capire tutti, che rendono la complessità del mondo e degli eventi semplice, è il vero segreto dei grandi divulgatori.

Il testo che ho citato è stato scritto da Alessandro D'Amore (membro del team di #svegliamuseo in cui riveste il ruolo di storytelling expert), nel 2014 per #Svegliamuseo, "Comunicare la cultura online: una guida pratica per i musei. Progettazione di siti web, content management, social media e analisi dei risultati" (Cliccando sul titolo riportato finirete direttamente sul Ebook, che se volete, potrete scaricare gratuitamente).

Che molti musei o parchi archeologici abbiano didascalie o pannelli obsoleti è un fatto noto a chi frequenta questi luoghi ed a chi ci lavora. E' sicuramente meno nota la difficoltà con cui questi luoghi della cultura cercano di stare al passo con i tempi.
Perché è importante parlare ancora di semplificare le didascalie, quando comunque si sa che si deve fare?
E' importante perché oltre a concentrare le forze comunicative verso l'esterno, verso i media e i social, verso la creazione di eventi, bisogna lavorare sulle cose che allontanano il pubblico.

Un museo, un parco archeologico, un luogo della cultura deve far sentire il visitatore a "casa" e nella propria casa non c'è bisogno di grandi paroloni per comunicare un concetto. Semplificare un concetto non vuol dire sminuire il proprio lavoro o la storia dell'oggetto che si racconta, ma vuol dire fornire dei mezzi basilari per arricchire le conoscenze dell'utente.

Da iniziative come #Svegliamuseo, molto è stato fatto, ma ancora tanto c'è da fare.
I grandi e piccoli musei, i parchi archeologici, le istituzioni legate alla cultura devono utilizzare e sfruttare più che possono tutti i canali a loro disposizione (newsletter, profili social, sito internet), per non perdere nessuna occasione di dialogo con il loro pubblici.
Per farlo devono avvalersi di prefessionisti, ma sopratutto devono allestire gli ambienti, gli eventi, gli incontri, inventandosi sempre nuovi mezzi per creare empatia, suggestione e sentimento.

Tirando le somme sul dibattito che vi ho riportato, mi sono sempre più convinta che il segreto del coinvolgimento sono le emozioni.

Non è una convinzione solo mia, ma anche di tanti altri professionisti e in quest'ottica stanno sviluppando diversi progetti; uno su tutti Fabio Viola, che non a caso ha scritto un libro dal titolo "L'arte del coinvolgimento".

Coinvolgere vuol dire emozionare, rendere partecipe il pubblico che si trova ad immedesimarsi nella storia di altri uomini e donne, che prima di noi hanno fatto le stesse azioni che quotidianamente compiamo tutti, ma con altri mezzi e tecnologie.
Proprio sulle emozioni bisogna lavorare per creare empatia, per far capire al pubblico che quello che si vede nei luoghi della cultura è di tutti e non solo degli addetti ai lavori.

Scale interne del Museo Nazionale Romano- Palazzo Massimo alle Terme


Quest'ultimo concetto mi porta ad introdurre l'ultimo punto del dibattito che vi voglio raccontare: una buona copertua mediatica vuol dire un gran ritorno di pubblico, come avviene per le "giornate del FAI", perché lo stesso non avviene per i musei istituzionali?

E' innegabile che durante la settimana che precede le aperture straordinarie del FAI, la TV ci proponga più volte al giorno pubblicità che riguardano questa iniziativa. Non solo pubblicità, ma anche veri e propri interventi durante le trasmissioni più seguite.
Non entro nel dettaglio delle scelte comunicative del Fondo Ambientale Italiano, ma posso comunque affermare che sicuramente godono di budget destinato a questo scopo, che permette di raggiungere i Media più importanti, che ovviamente hanno un costo che non tutti i musei istituzionali possono coprire.

Sicuramente la televisione raggiunge tutti, soprattutto quei pubblici scarsamente interessati, anche se un passaggio così frequente dello stesso tema può annoiare l'utente e spingerlo a cambiare canale, silenziare il televisore o addiritura spegnerlo.
Il giorno dopo l'evento che vi sto raccontando, ho acceso la televisione e ho trovato proprio uno spazio dedicato al FAI in un programma curato dalla redazione del TG2.

Ho seguito tutto l'intervento e ho analizzato il contenuto di quel messaggio, perché nella mente avevo una domanda: "come e cosa offrono al pubblico?"

Quasi tutti gli interventi all'interno di programmi televisi prevedono la presenza di un attore, attrice personaggio dello spettacolo amico del FAI e un responsabile del fondo.
In questo modo si attira l'attenzione del pubblico che vede il proprio beniamino sullo schermo e si da' autorevolezza alle parole che verranno dette grazie alla presenza del responsabile.

E passiamo proprio alle parole, poche, incisive e chiare, racchiuse tutte nella prima fase:

il FAI ti fa riappropriare degli spazi e dei beni che sono di tutti.

Se già questa frase non ha colpito il pubblico, si rincara la dose con parole come: "accesso gratuito per tutti"; "luoghi del cuore"; "luoghi che ami della tua città, accessibili a tutti"; per arrivare all'affondo finale "ricordatevi che con il FAI il privato diventa pubblico".
Viene ripetuto più volte anche il concetto che quello che si può visitare in queste giornate di aperture straordinarie è roba nostra, quindi donare i soldi al Fondo vuol dire finanziare i restauri per curare una "nostra ricchezza".
Per finire ti ricordano che se vuoi puoi diventare uno dei tanti volontari e fare da guida durante le aperture di posti straordinari del tuo territorio.

Direi che c'è tutto quello che serve per una comunicazione di successo, che non è solo merito del mezzo scelto (la televisione), ma sopratutto delle parole utilizzate. Si parla di sentimento, di coinvolgimento, di collaborazione, temi su cui tutti i musei e parchi archeologici possono fare leva.

Come spesso accade in Italia, ci sono due velocità: alcuni musei e parchi sono già sul pezzo e altri si devono ancora adeguare (altri ancora devono capire che strada vogliono prendere).
Per questo motivo penso che chi si sta adeguando deve guardare a chi già sta realizzando grandi cose e chi sta avanti deve aiutare gli altri a mettersi in pari.

Il Museo di Torino, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, il Museo Salinas di Palermo, il Parco archeologico del Colosseo, il Parco archeologico di Ostia Antica, il Parco archeologico di Paestum, il Museo Archeologico Nazionale di Taranto, il Museo Archeologico Nazionale di Venezia, il Parco archeologico di Agrigento, sono l'esempio da seguire, istituzioni che hanno intrapreso una trada comunicativa che sta portanto tanti ottimi frutti.

Non importa se chi si occupa della comunicazione sia un archeologo o un giornalista, quello che importa è il lavoro che lo staff di questi musei riesce a fare per ottenre un ritorno di pubblico.

Vorrei concludere questo mio racconto con una delle parole più belle dette durante l'incontro: "contaminazione".
A pronunciare questa parola è stata Angelina Travaglini, che voglio citare perché è l'addetta alla comunicazione del Museo Nazionale Romano e mi ha fatto estremamente piacere sentirle dire che "crede nelle contaminazioni", riferendosi ai divesti modi di approcciarsi al pubblico (come ad esempio mostre contemporanee in musei con opere classiche, oppure concerti in parchi archeologici ecc...).

E' proprio questo tipo di apertura mentale che mi auspico possa diffondersi in coloro che gestiscono i NOSTRI luoghi del sapere, uno stile che genera confronto, crescita, innovazione e nuovi metodi per raccontare storie di uomini ad altri uomini.








I prossimi incontri di "Intorno all'Archeologia" si terranno:


28 marzo 2019 ore 17:00
Archeologia avventurosa
Andrea Augenti: "A come archeologia. 10 grandi scoperte per ricostruire la storia"
Emanuele Papi: "Pietre dello scandalo. 11 avventure dell'archeologia"
Presentano: Enrico Zanini e Astrid D’Eredità

4 aprile 2019 ore 17:00
Archeologia e web
Astrid D’Eredità e Antonia Falcone: "Archeosocial. L'archeologia riscrive il web: esperienze, strategie e buone pratiche"
Elisabetta Giorgi e Massimo Panicucci: "C’era una villa Romana. Cinque archeostorie a fumetti da Vignale di Maremma"
Presentano: Enrico Zanini e Nicolette Mandarano

10 aprile 2019 ore 17:00
Archeologia immaginata
Enrico Giannichedda: "Quasi giallo. Romanzo di archeologia"
Federico Lambiti: "Porta di mare"
Presentano: Mirella Serlorenzi e Daniele Manacorda

Per info: mn-rm.info@beniculturali.it
Intorno all'Archeologia
www.museonazionaleromano.beniculturali.it
 
















 














domenica 4 marzo 2018

Ho aspettato il fine settimana per scrivere questo post, perché volevo raccontarvi l'incontro tra Burian e l'archeologia.

Chi è Burian?

Ormai tutta Europa lo conosce, Burian è il vento gelido che proviene dalla Siberia, che porta con sé tanta neve.

Proprio la neve è stato il tocco magico in più sui monumenti italiani e stranieri.
Dopo aver visto bellissime foto su diversi social, ho deciso di offrirvi una panoramica fotografica di questo spettacolo, nato dall'incontro tra natura e opera dell'uomo.
Le foto non sono mie, ma di terzi e per ognuno citerò la fonte e vi invito a visitare i loro profili o blog.

Inizio dal blog e profilo instragram di Marino Lo Blundo.
Adoro il suo modo di raccontare l'archeologia attraverso le immagini, e sopratutto come sta mostrando a tutti le bellezze di Ostia antica.

Nell'articolo "La neve a Ostia antica" sul blog Generazione di archeologi 
potete fare un giro nel parco archeologico di Ostia antica, immersi nella neve, comodamente dal divano di casa. La foto che più mi piace, mostra il Capitolium dal Caseggiato di Diana, ma devo dire che sono tutti scatti emozionanti.

Ostia antica- il Capitolium visto dal Caseggiato di Diana. Foto del Funzionario Archeologico Parco di Ostia Antica Marina Lo Blundo- tratta dal blog  Generazione di Archeologi 


  Anche se in realtà, il 26 febbraio mattina, mi sono svegliata con il video (che trovate sulla pagina ArcheoPop) di Astrid d'Eredità,che riprede l'area dei Fori e il Colosseo.
Roma- Fori. Foto Arheopop

Le foto di Roma con la neve sono di una bellezza disarmante e sceglierne una è veramente difficile, ne ho selezionate due da Instragram, ma vi suggerisco di cercare l'hashtag #Nevearoma e rifarvi gli occhi.


Foto laziofansorinal - Instagram



Foto Igersroma- Instagram



Dal Lazio passo a mostravi la Toscana. Ho scelto di mostravi Pisa e Firenze sotto la neve, ma tutta la Toscana è meravigliosa e con la neve è ancora più bella.

Foto di Salvatore Ciotta- su Instagram per Larno.it





Foto di @bea1380 - Instagram Igers_firenze


L' eccezionale ondata di gelo si è spostata fino al sud dell'Italia, che ha ricoperto di un inusuale manto nevoso zone come Napoli e Caserta.
Chiudo questa breve carrellata d'immagini con Pompei e la Reggia di Caserta. 



Foto del Funzionario Archeologico Francesco Muscolino - Instagram pompei_parco_archeologico



Foto Flavia Forestieri - Instagram  reggiadicaserta
Non è il post più originale che ho proposto, ma per adesso mi trovo in Sicilia e qui l'unico bianco che ho visto è quello della ricotta dei cannoli.


mercoledì 25 gennaio 2017


 Se giochi di ruolo e cacce al tesoro all'interno dei Musei sembravano una cosa da folli, cosa mai potrà sembrare un video gioco all'interno del MANN, Museo Archeologico Nazionale di Napoli?

Probabilmente qualcuno storcerà il naso, ma tanti capiranno l'importanza di questa idea innovativa.

Un'archeonerd come me, che da sempre promuove il gioco intelligente e sostiene che attraverso il gioco si può educare sia grandi, sia bambini, non poteva non adorare questo progetto.

Ieri, 24 gennaio, il MANN, un museo noto per le sue straordinarie collezioni provenienti da Pompei, Ercolano, con la collezione Farnese e quella Egizia, è diventato il primo museo archeologico a produrre un videogame destinato al pubblico internazionale di tutte le età.

Il titolo del videogioco è “Father and Son”, si tratta di un gioco narrativo 2D a scorrimento laterale, che esplora sentimenti quali amore, sogni, paura, attraverso il viaggio di un figlio alla scoperta di un padre archeologo, che non ha mai conosciuto.
Durante l'esperienza il protagonista, che si chiama Michael, attraversa diverse epoche storiche: dall'antica Roma fino alla Napoli di oggi, trasformando un'esperienza personale in una storia universale e senza tempo.
Se vediamo “Father and Son” dal punto di vista del giocatore, ci troveremo ad impersonare Michael che, dopo aver ricevuto la lettera del papà archeologo, si reca al Museo Archeologico Nazionale di Napoli per conoscere di più sulla vita del proprio genitore e sugli insegnamenti che gli ha lasciato.
Il giocatore si troverà ad esplorare le sale del museo e le strade della città partenopea, vivendo storie che attraversano le epoche, ma che presentano costanti riferimenti alla vita attuale.
Inoltre, l'interazione ed il dialogo con altri personaggi, porterà il protagonista e quindi il giocatore, a prendere decisioni che gli consentono di scavare più a fondo nella vita di coloro che ha incontrato lungo la strada. 

 

Una carta vincente nei videogiochi sono la grafica e la musica. “Father and Son” utilizza grafiche dipinte a mano dall'artista Sean Wenham, che ha creato delle rappresentazioni che avvolgono il giocatore e lo trasportano nel tempo e per le vie di Napoli, il tutto accompagnato da una colonna sonora originale, che varia in relazione alle epoche temporali e gli stai d'animo del protagonista.




Ma chi c'è dietro questo progetto?

I contenuti del videogioco sono stati ideati di concerto con il direttore del MANN Paolo Giulierini e con il prof. Ludovico Solima (Università degli Studi della Campania "Luigi Vanvitelli"), che ha contribuito alla redazione del “Piano Strategico 2016-2019” del Museo, nel quale era stata già indicata l'esigenza di arrivare a nuovi pubblici attraverso la tecnologia e la rete, in una prospettiva di audience engagement, cioè di coinvolgimento attivo del visitatore.
Il progetto è sviluppato da TuoMuseo, realtà internazionale già vincitrice del bando Innovazione Culturale di Fondazione Cariplo per lo sviluppo di soluzione innovative in ambito culturale. Al gioco stanno lavorando diversi specialisti: FabioViola (Electronic Arts Mobile, Vivendi Games Mobile,), Sean Wenham (Ubisoft, Sony), Alessandro Salvati (autore di ADON Project e Anxiety Attack), Arkadiusz Reikowski (compositore delle musiche di Kholat e Layers of Fear).
 
La domanda posta agli ideatori è: perché un video-gioco può essere importante per un museo?

Prof. Ludovico Solima:Innanzi tutto, perché esso rappresenta per il museo un nuovo strumento, in primo luogo di comunicazione, utile quindi ad accrescere la notorietà del Mann, anche a livello internazionale. La visibilità è un aspetto importante, perché se un museo non si conosce, non si può decidere di visitarlo. Non è un caso, quindi, che da subito il video-gioco è stato sviluppato sia in lingua inglese che in italiano. Poi,perché il Mann, nel suo Piano Strategico, si è dato l’obiettivo di raggiungere nuovi pubblici ed il video-gioco rappresenta una nuova forma di contaminazione, che consente sicuramente di intercettare nuove tipologie di utenti, i quali potranno
tradursi, un domani, in nuovi visitatori.

FabioViola (Game Producer e Presidente di TuoMuseo), aggiunge:
In Father and Son due mondi, apparentemente lontani, dialogano per raggiungere, toccare e sensibilizzare il pubblico mondiale sul complesso tema del rapporto tra presente e passato. La storia e le storie prendono vita attraverso una pioneristica esperienza di “storydoing”, un nuovo modo di fare storytelling ponendo al centro il protagonismo ed il coinvolgimento del fruitore.

Per finire le parole del direttore del MANN Paolo Giulierini:
Se si pensa che in tutto il mondo si potrà interagire con i contenuti storici del nostro Istituto e della città di Napoli attraverso questo peculiare strumento, che ormai va annoverato tra le nuove forme d'arte, non si può che essere soddisfatti della nostra disseminazione culturale. Se prima erano le sole mostre a parlare del Mann in molte città estere, ora una straordinariaavventura digitale ci farà dialogare con migliaia di potenziali, nuovi visitatori, amanti dell'arte, studenti, soprattutto giovani: e che sia il Passato ad imbracciare le armi del Futuro la dice lunga sulla nostra volontà di presentarci come un cantiere dove tutto si può sperimentare, in ragione di una visione culturale senz preclusioni o barriere.”




Father and Son” è stato realizzato lingua italiana ed inglese, sarà rilasciato gratuitamente e senza contenuti pubblicitari da marzo 2017, su Apple Store e Google Play. 


 
Per maggiori informazioni potete seguire il progetto dai seguenti link:

sito ufficiale www.fatherandsongame.com
pagina Facebook https://www.facebook.com/fatherandsongame
contatto Twitter  https://www.twitter.com/FatherandSonVG

Buon gioco e buona cultura a tutti voi.